La storia della scoperta della fissione nucleare: i chimici risolvono un problema fisico .

by Roberto Poeti

Un “tavolo particolare” al Deutsches Museum di Monaco di Baviera

Una visita al Deutsches Museum riserva tante sorprese nel campo della scienza e della tecnologia .  Ma una in particolare lascia a bocca aperta. Nel settore Fisica del Museo , un vecchio tavolo di legno attira l’attenzione (Fig1). E’ ingombro di  materiale elettrico  come prese e interruttori in bachelite , vecchi condensatori , amplificatori , batterie , valvole  ecc.. e una rete di fili che li collegano . Nel piano inferiore sono alloggiate una serie di batterie . Potrebbe essere il banco di un elettricista prima dell’avvento dei transistor , se non fosse per uno strano  cilindro di colore giallognolo e di materiale translucido poggiato  ad un lato del tavolo che  sembra una torta (Fig 2). Cosa rappresenta il tavolo ?  E’ l’originale attrezzatura che usò Otto Hahn, premio Nobel per la chimica , che insieme a Lise Meitner and Fritz Strassmann scoprirono la fissione nucleare dell’uranio nel 1938 (Fig3).

 

Il piano del tavolo con l’attrezzatura e sotto il piano inferiore dove sono alloggiate le batterie . A destra , del tavolo , di fronte , accanto al quaderno degli appunti , due contatori Geiger eMuller .

 

 

 

 

 

Particolare del tavolo

Nell’angolo in alto a destra del tavolo il cilindro , simile ad una torta ,  è il cuore del sistema. E’ costituito da paraffina e al centro , in una incavatura , è contenuto la sorgente di neutroni  costituita da Be/Ra  . A lato , sempre immerso nella paraffina , si trova il campione di uranio .

 

Non c’era solo un tavolo 

Si ritiene che il tavolo e molti strumenti siano autentici , compreso il cilindro di paraffina . E’  fonte di stupore per i visitatori del museo vedere come la più grande scoperta del ventesimo secolo , la fissione nucleare , che ha segnato la nascita di una nuova era , possa essere contenuta in un tavolo di elettricista . Il tavolo è considerato “ il capolavoro “ della collezione del museo  . Va tuttavia precisato che il lavoro completo si svolgeva  in tre distinti luoghi . In una stanza  avveniva l’irradiazione del campione di Uranio con la sorgente di neutroni ; in una  seconda stanza era allestito il laboratorio di chimica e in una terza veniva misurata la radioattività dei prodotti .

Una scoperta condivisa

La scoperta della fissione nucleare  dell’atomo di Uranio venne attribuita ad Otto Hann , al quale fu conferito il premio Nobel nel 1944 . Una targa commemorativa sulla parete , accanto al  tavolo  , ricorda che la scoperta è condivisa con Lise Meitner e Fritz Straßmann , la prima un fisico e il secondo un chimico .

 

 

A sinistra Fritz Strassmann (1902–1980), al centro Otto Hahn (1879–1968) che illustra gli strumenti del tavolo .

 

La percezione del ruolo della chimica

  Il paradosso della scoperta della fissione  è che , mentre ufficialmente il Nobel fu assegnato ad un chimico , non viene percepita a livello culturale come un obbiettivo  raggiunto dalla  chimica . E forse non si conosce neppure in cosa consista il contributo dato dai chimici che vi lavorarono . La beuta caudata con imbuto Buchner che si vede accanto al blocco di paraffina nella figura 2 è il solo richiamo ad una operazione chimica , messa come simbolo . Insomma il “tavolo “ è un oggetto fortemente evocativo , tuttavia non aiuta  a comprendere  il peso  che vi ebbe la scienza chimica.

L’incontro di  Maria Curie con la Chimica

Nel suo libro “ La Fisica e il suo divenire “ Fritz Krafft , storico della scienza, titola un capitolo “ I chimici risolsero un problema fisico . Per una storia della scoperta della fissione nucleare “ (1) . Il titolo centra il nocciolo del problema : senza gli strumenti della chimica non si sarebbe arrivati al traguardo . Non c’è stato gruppo di ricerca nella storia della radioattività che non abbia visto la partecipazione decisiva diretta o indiretta dei chimici ,  a partire dalle scoperte degli elementi Radio e Polonio da parte di Maria Curie. La stessa scienziata aveva seguito a Varsavia , prima di venire a Parigi , dei corsi non ufficiali di laboratorio di chimica presso il Laboratorio del Museum of Industry and Agriculture . Ricordiamo che la Polonia era sotto la dominazione della Russia zarista e l’educazione scientifica era preclusa alle donne .

 

 

 

Gustave Bemont , a sinistra della foto, con i coniugi Curie

 

 

 

 

 

 

 

Un grande maestro

Il diettore del museo, cugino di Maria Curie , era il chimico Josef Boguska, educato a San Pietroburgo sotto Dmitrij Mendeleev di cui era stato poi assistente.  “ Sviluppai la mia passione per la ricerca sperimentale durante queste prime prove” , scriverà in seguito la scienziata . Durante le sue ricerche sul Polonio e il Radio ebbe come collaboratore un chimico , presto passato in secondo piano , Gustave Bémont ( 1857 – 1937 ) professore all’ École de Physique et Chimie di Parigi. Nel primo numero della rivista Le Radium appare accanto ai coniugi Curie . L’altro chimico che collaborò con Maria Curie dopo la morte del marito è stato André Debierne (1874-1945) scopritore del l’Actinio . Ma vedremo, più avanti , come la presenza dei chimici si confermerà determinate anche nella scoperta della fissione nucleare .

La scoperta del Neutrone

 La  scoperta del neutrone,  avvenuta nel 1932 per opera di James Chadwick , determina la nascita di linee di ricerca volte a utilizzare le nuove particelle come proiettili per modificare gli atomi. In realtà già Rutherford nel 1919 , usando particelle α , aveva ottenuto la prima trasmutazione artificiale dell’atomo .  Sfuggivano gli atomi degli elementi più pesanti  per la repulsione esercitata dalla loro grossa carica positiva sulle particelle α . Si deve a Fermi l’uso dei neutroni e la scoperta della loro efficacia se venivano fatti passare attraverso un mezzo che ne rallentasse la velocità . Da tali  programmi si arriva   alla fine  a scoprire  la fissione nucleare ( 1938 ) .

I protagonisti della scoperta della Fissione Nucleare

 Alla scoperta in se parteciparono solamente tre gruppi di ricerca. Tutti gli altri gruppi di ricerca si erano prevalentemente accontentati della riproduzione e conferma dei risultati ottenuti in rapida sequenza dalle piccole équipes attive a Roma , Parigi e Berlino . Per poter arrivare a comprendere la fissione nucleare occorreva , oltre che alla padronanza dei metodi radio-chimici, una eccezionale abilità analitica e conoscenze chimico–analitiche notevoli , capaci di fornire la spinta decisiva .

Il gruppo di Berlino

Il fatto che questi requisiti fossero ben presenti nel gruppo berlinese , specie nella persona di Fritz Strassmann, costituisce una delle ragioni del perché la scoperta poté essere fatta a Berlino e non a Roma o Parigi. In effetti al gruppo romano solo nel 1934 e per breve tempo appartenne un chimico , Oscar D’Agostino, che in precedenza si era familiarizzato a Parigi con i metodi radiochimici . Irène Curie , del laboratorio di Parigi  , pur essendo anche lei una fisica , possedeva notevoli esperienze nel campo dei metodi radiochimici messi a punto dai suoi genitori ;  aveva lavorato nel 1937-38 con il fisico chimico  Pavel Savič , tuttavia mancava di profonde conoscenze  analitiche . La peculiare composizione però dell’équipe  di Berlino , che comprendeva una fisica nucleare , Lise Meitner , un radio chimico , Otto Hann e un chimico analitico , Fritz Strassmann , costituì chiaramente un presupposto della scoperta . Era  garantita la   «presenza »  di tutte quelle conoscenze e abilità che si rivelarono più tardi necessarie .

La riflessione di Fermi

Anni dopo Enrico Fermi dichiarava che ciò che gli era  mancato  per raggiungere l’obbiettivo della scoperta della fissione nucleare  erano state le conoscenze e competenze dei chimici (1). Troppo tardi aveva cercato di colmare il vuoto  aggiungendo al gruppo un valido chimico come D’Agostino . Nel suo gruppo  il rapporto chimici /fisici era di 1 a 5 , in quello di Berlino era 2 a 1 .

Gli ostacoli interni alla Chimica

Alle già complesse  operazioni di laboratorio volte a separare e identificare i radio nuclidi derivanti dal bombardamento dell’uranio con neutroni lenti si opponevano grossi  ostacoli di natura interna alle discipline di Chimica e Fisica . Per comprendere intanto quelle inerenti alla chimica è necessario tenere presente la tavola periodica come si presentava  fino agli anni 1940 .Allora si era convinti che le configurazioni basate su orbitali f fossero limitate ai solo lantanidi . Non era stato identificato alcun elemento più pesante dell’uranio e le proprietà  degli elementi noti più pesanti (Ac , Th , Pa, U ) sembravano rassomigliare a quelle dei metalli di transizione di tipi d  dei gruppi III b – VI b ( La , Hf ,Ta, W, Re ) della tavola periodica in modo sufficiente da permettere la classificazione in tali gruppi . Per comprendere quanto fosse radicata questa impostazione che,  a parte l’introduzione dei gas nobili e lantanidi, aveva ancora l’impianto della tavola di Mendeleev   del 1872 , c’è un episodio che ci racconta Glenn T. Seaborg ( Premio Nobel per la Chimica 1951 ) . Dopo aver dato alla tavola periodica un nuovo arrangiamento ( 1944 ) con l’introduzione della serie degli attinidi e quindi la collocazione corretta degli elementi transuranici , Seaborg decide di pubblicare la scoperta  in  Chemical and Engineering News . Ma  prima mostra   l’articolo ai  suoi colleghi :

« They said, “Don’t do it, you’ll ruin your scientific reputation.” I had a great advantage. I didn’t have any scientific reputation at that time, so I went ahead and published it. » .

Quindici anni dopo

Quanta inerzia culturale ci fosse nelI’ accettare  la nuova tavola periodica  , ancora nel 1961 , dopo sedici anni dalla scoperta degli Attiniti , lo dimostra La Grande Enciclopedia Italiana della U.T.E.T. , appena pubblicata, che conteneva  la  Tavola Periodica degli anni trenta ( Fig 4). E per  finire , il primo libro di testo di chimica del biennio, adottato dall’I.T.I.S. di Arezzo, alla sua nascita  nel 1960 , proponeva sempre la Tavola Periodica degli anni trenta (Fig5).

 

 

Tavola periodica presente nel “Grande Dizionario Enciclopedico “ UTET, pubblicato nel 1961

 

 

 

Figura 4

 

 

 

Tavola periodica nel testo di       Chimica per il biennio dell’I.T.I.S. di Arezzo del 1960

 

 

Figura 5

Gli ostacolo interni alla Fisica

Nel versante della fisica veniva negata la possibilità che bombardando nuclei pesanti , come l’Uranio , con neutroni vi fosse la possibilità  di ottenere la frammentazione del nucleo . In tutti i processi nucleari , fino ad allora osservati  sugli elementi più leggeri , il numero atomico era cambiato al massimo di due unità . La sola persona che sostenne  la possibilità della frammentazione  del nucleo fu la chimica e fisica  Ida Noddack scopritrice del Renio . Il suo articolo del 1934 nel quale sosteneva questo punto di vista fu praticamente ignorato  dai fisici nucleari .

Gli elementi transuranici

Poiché i prodotti ottenuti da Fermi , bombardando l’ Uranio , emettevano particelle beta  ( non era stata osservata nessuna emissione alfa ) , lui ei suoi colleghi fecero l’ipotesi plausibile che la trasmutazione produceva isotopi di Uranio a vita breve che poi, per decadimento β, davano origine a elementi con numero atomico superiore rispetto all’uranio, elemento 93 e forse anche 94 ( L’emissione di una particella β comporta l’aumento del numero atomico di una unità , mentre con l’emissione alfa il numero atomico decresce di due unità ) . In una serie di articoli pubblicati tra il 1935 il 1938 Fermi riportava la scoperta di elementi transuranici che venivano chiamati eka-renio , eka – osmio , eka – iridio e eka – platino ( numero atomico 93,94,95,96) .

 

 

Quando Fermi ricevette il Premio Nobel nel 1938 venne citato soprattutto per la scoperta degli elementi transuranici !. Rimaneva tuttavia non risolta  l’identificazione chimica dei supposti elementi transuranici .

Una  ricerca complessa

Mentre il gruppo  di Fermi si disperdeva nel 1935 , continuava a Parigi e Berlino la ricerca degli elementi transuranici . Le notevoli difficoltà analitiche che si incontravano nella separazione e identificazione dei radionuclidi provenienti dal bombardamento dell’Uranio  con neutroni erano amplificate dalla ipotesi che si ottenessero solo prodotti transuranici .  Il bombardamento dell’Uranio produceva una quantità rilevante di differenti radionuclidi e loro isotopi , spesso con rapido decadimento  , inoltre le minime quantità che si ottenevano erano rilevabili solo con metodi radiochimici , misurandone la loro attività specifica .

Il vero scoglio da affrontare

L’elemento naturale Uranio , che veniva utilizzato, doveva essere  da prima separato dai prodotti della sua stessa radioattività , in particolare un  isotopo del Torio . Un operazione complessa senza la quale si sarebbero avute interferenze quando veniva misurata la radioattività dei prodotti ottenuti con il bombardamento neutronico .  La separazione e identificazione di questi radionuclidi , ottenuti poi  in  soluzione , era il vero  scoglio da affrontare.  Ma quale era il criterio  principale di separazione e identificazione su cui si faceva affidamento?.

L’ uso degli elementi Carrier  nella separazione dei radionuclidi

  Poiché i radioisotopi  erano presenti spesso in tracce , per poterli separare , si procedeva con metodi che non potevano essere equiparati con le ordinarie separazioni di quantità pesabili degli elementi stabili. Le tracce di radioisotopi di differenti elementi , spesso con decadimento rapido , potevano essere separati gli uni dagli altri e precipitati con l’aiuto di un elemento carrier . Se in chimica analitica la coprecipitazione è quasi sempre indesiderabile, nell’analisi di tracce di elementi , come in radiochimica , era spesso il solo mezzo di separazione  di un elemento.

La scelta del carrier

Si doveva scegliere come carrier un  metallo che si riteneva potesse essere  vicino nel gruppo o nel periodo  al radionuclide da isolare, avente perciò  la  stessa carica e solo una piccola differenza nel raggio ionico di quest’ultimo . In questo modo gli ioni del radionuclide avrebbe occupato , sotto forma di  inclusione , i siti nella struttura cristallina del composto del carrier , quando questi precipitava  in un suo composto insolubile  .  Ma ci voleva un radiochimico di grande esperienza per distinguere tra un precipitato , sul quale i pochi ioni radioattivi sono assorbiti sulla superfice del cristallo in modo aspecifico , e quello nel quale essi sono parte della struttura cristallina . Solo con  la coprecipitazione per  inclusione si avevano importanti informazioni sul numero atomico del radionuclide , conoscendo quello dell’elemento usato come  carrier .

Gli elementi di transizione come carrier

Il passo successivo era quello di separare il radionuclide dal metallo carrier,  sfruttando piccole differenze nella solubilità dei loro sali , mediante cristallizzazione frazionata , un processo che richiedeva molto tempo (2) . La scelta dei carrier , nella nostra storia , venne fatta supponendo di ottenere elementi transuranici e che questi  fossero inquadrati nella tavola periodica come elementi di transizione sotto Renio , Osmio , Iridio, Platino . I metalli usati come carrier  erano perciò scelti tra questi ultimi , e precipitati  come solfuri. La coprecipitazione che si otteneva era però aspecifica , spesso per adsorbimento . Si  partiva infatti dalla errata convinzione  che si formassero  elementi transuranici . Si ottenevano così informazioni fuorvianti sulla identità dei radionuclidi . Questo comportò un lavoro infruttuoso per molto tempo che servì , malgrado tutto , a migliorare le tecniche radiochimiche e analitiche.

Una scoperta che fece fare un passo in avanti  

Per tre anni , dal 1934 al 1937 i laboratori di Parigi e Berlino continuarono le loro ricerche sui presunti elementi transuranici prodotti dal bombardamento neutronico dell’Uranio . Non ci furono rilevanti novità . L’impianto teorico su cui si fondavano le ricerche non fu messo in discussione . Nuovi risultati si ebbero solo nel 1937 quando  il  gruppo di  Irene Curie identifica  un  nuovo radionuclide  con t 1/2  di 3.5 h , R 3,5h , tra quelli  ottenuti nel bombardamento dell’Uranio. Da misure radiochimiche emerge  che il radionuclide non era  classificabile tra gli elementi transuranici  e che si poteva trattare di un isotopo del Torio formato dall’Uranio per cattura di un neutrone e espulsione di una particella α. “ Il corpo R 3,5t non è stato osservato né da noi , né da Hahn , Meitner  e Strassmann , prima di aver  impiegato  schermi  che eliminassero l’interferenza provocata  dalla presenza dei prodotti di decadimento dell’Uranio naturale , di cui uno era proprio il Torio“ (5). La notizia della scoperta raggiunge il gruppo di Berlino , che però non condivide le conclusioni di Parigi. Curie e Savitch continuano nei tentativi per la sua identificazione , escludono alla fine  che si tratti del Torio . Per la sua  separazione hanno impiegato come carrier Il Lantanio , inoltre le proprietà chimiche lo avvicinano alle terre rare . “In base alle sue proprietà chimiche , sembrerebbe che questo corpo non possa essere che un isotopo dell’Attinio [n.d.r: stesso gruppo del Lantanio] , o un nuovo corpo transuranico che possiede proprietà chimiche molto differenti da quelle degli omologhi superiori di Renio e Platino(6).

Un obbiettivo mancato

Nello stesso anno (ottobre 1938 ) Curie e Savitch inviano al Journal de Phisique et Radium un resoconto del loro lavoro , complesso e minuzioso , portato  avanti  per stabilire se il Radionuclide poteva essere un isotopo dell’Attinio .  Seguendo il metodo introdotto da Maria Curie , eseguono una separazione per precipitazione frazionata di una soluzione contenente   Lantanio e  il radionuclide R 3,5h   , previa eliminazione di tutti gli altri elementi presenti , con l’aggiunta di un isotopo  dell’elemento Attinio come tracciante . Le  indagini  radiochimiche mostravano la separazione dell’Attinio dal Radionuclide R 3,5h . Il Radionuclide  rimaneva con il Lantanio . Quindi l’Attinio e il Radionuclide apparivano elementi diversi.

Un esperimento  che non fu  ben valutato

La cosa sorprendente è l’interpretazione  dei risultati di  un’altra successiva esperienza , che riporta l’articolo , sulla separazione compiuta tra Lantanio e il Radionuclide . Ma lo scopo non è quello di verificare la separabilità dei due elementi , intenzione di cui non fanno alcun cenno , quanto quello di confermare che Attinio e Radionuclide  R 3,5t sono diversi ! “ Una esperienza di precipitazione incompleta [ sottilineatura mia] con l’ammoniaca di La + R 3,5h indica anche che R 3,5h si concentra nella prima porzione precipitata , sarebbe quindi meno basico [ n.d.r.: più insolubile ] del Lantanio. Mentre sappiamo che l ‘ Attinio è più basico del Lantanio  . Pare dunque certo che R 3,5h non è un isotopo dell’ Attinio “ .

 

Nell’articolo Journal de Phisique et Radium sono rappresentati gli ultimi tre periodi della T.V . L’Actinio compare nel gruppo delle terre rare e gli elementi transuranici sotto disposti sotto il Renio e i metalli del gruppo del Platino

 

La scoperta rientra  nel paradigma dominante

Una separazione incompleta , in matrici considerate molto  complesse , poteva avere  diverse cause,  e sarebbe stato necessario indagare ancora ,  ma non si procede a nessun ulteriore controllo, perché ? . ( Sappiamo che l’Uranio , nel bombardamento neutronico ,  ha subito una scissione , si sono formati radionuclidi a numero atomico molto più basso . Tra questi si trova anche un isotopo  del Lantanio . Perciò  R 3,5h  , in realtà , è un isotopo del Lantanio, chimicamente indistinguibile , perciò non sono separabili con una cristallizzazione frazionata).  Ancorati al concetto che l’Uranio si può modificare, dopo irraggiamento neutronico , formando  elementi transuranici attraverso il decadimento β ,  Curie e Savitch arrivano alla conclusione , dopo aver scartato l’ipotesi dell’Attinio , che anche il radionuclide R 3,5h   deve essere un elemento transuranico .

Le ipotesi sulle prprietà del nuovo radionuclide

E nel tentativo di inserirlo  in quella  regione  della tavola periodica , pur avendo proprietà chimiche diverse, fanno l’ipotesi che il nuovo elemento transuranico possa avere gusci di valenza variabili  . Questa e altre ipotesi  appaiono poco plausibili (7) . I due fisici , che primeggiano nel campo della fisica nucleare e della radiochimica, non trovano la soluzione corretta che è a portata di mano perché non la cercano . Non escono dal paradigma dominante.

Ci provano i chimici Hahn e Strassmann

Questi limiti , vedremo , sono superati dal gruppo di Berlino dove lavorano i chimici Hahn e Strassmann (l’altro componente, la fisica Meitner  , è dovuta riparare all’estero perché ebrea, ma , sempre in contatto con Berlino , fornì un aiuto importante  ) . Venuti a conoscenza dei risultati  del gruppo di Parigi  , Hahn e Strassmann si apprestano subito  a verificare i risultati  . Nella sua Nobel Lecture, (1946) Hahn , rispetto alle ipotesi chimiche su gusci di valenza variabili e altro , fatte dal gruppo  di Parigi , afferma che “ le possibilità  presentate da loro appaiono difficili da capire e inaccettabili“. La natura di elemento transuranico  appare al gruppo di Berlino  poco comprensibile .

La scelta del Bario come carrier

Da qui la spinta a rifare gli esperimenti. Dopo che i presunti   elementi transuranici , derivati dal bombardamento neutronico dell’Uranio , erano stati precipitati e rimossi , la soluzione conteneva ancora qualche prodotto radioattivo . Impiegano , nella separazione di quest’ultimi prodotti , diversi elementi carrier tra cui il Bario . La scelta di questo elemento non è casuale , infatti una delle ipotesi che fanno è la possibile presenza , tra i prodotti , di isotopi del Radio ( precede l’Attinio nella T.P.) . Il Bario è un elemento dello stesso gruppo del Radio , quindi idoneo a fare da carrier . Alla fine del lungo lavoro di separazione concludono che l’attività dell’isotopo R 3,5h di Curie e Savitch era probabilmente un miscuglio di diversi elementi attivi e che quelli che seguivano il Bario , come carrier ,  nella precipitazione potevano essere soltanto isotopi del Radio .

Due chimici che escono dagli schemi

La presenza del Radio poteva essere dovuta ad una serie di decadimenti dell’Uranio che portavano all’ Attinio , passando da Torio e Radio  .

E’ una ipotesi che presuppone l’emissione di due particelle α. L’emissione di due particelle α da parte di un atomo pesante con neutroni lenti era considerata tuttavia molto improbabile . Nei  numerosi esperimenti fatti con l’uranio non era stata mai osservata nemmeno una sola emissione α . In questo loro primo risultato Hahn e Stassmann si “liberano“  di due modelli fisici del nucleo :  sia la modalità  di emissione di particelle α , sia la formazione di nuclei a numero atomico maggiore dell’Uranio . Continuano con i loro  esperimenti . Sono capaci di distinguere almeno quattro distinti isotopi del “ Radio “ prodotti artificialmente dall’Uranio . Per ottenere una verifica più accurata dei loro risultati procedono alla separazione per cristallizzazione frazionata dell’elemento carrier Bario dagli isotopi del “Radio “. Ottengono strati più sottili di materiale , così che la loro attività poteva essere misurata più facilmente . Ma i tentativi per separare il ” Radio “ falliscono  (Vedi schema sotto).

Esempio di sequenza delle operazioni con l’elemento Bario come carrier  :

 

 

1) Bombardamento con neutroni

 

2) Solubilizzazione dei prodotti

 

3) Aggiunta dell’elemento carrier (Bario)

 

4) Precipitazione del “Radio”  con Bario come carrier

 

5) Solubilizzazione

 

6) Il “ Radio” non si separa dal carrier con la           cristallizazione  frazionata

 

La perseveranza dei due chimici

Pensano che la causa poteva dipendere dalle piccolissime  quantità di isotopi del “Radio” presenti nel campione . Hahn e Strassmann continuano a indagare :

Abbiamo mescolato uno dei nostri isotopi, presunto radium artificiale , con un isotopo naturale noto di radio e poi cercato di separare la miscela dal bario con il frazionamento come prima. Gli esperimenti e i loro risultati sono stati piuttosto complicati, e non cercherò di descrivere qui in dettaglio. Ma i risultati sono stati abbastanza chiari.  In ogni caso , in accordo con  le misure di radioattività , la maggior parte del radium naturale , nella miscela , veniva separato ,  ma il “Radio” artificiale seguiva  il Bario in toto . In breve , il nostro “ Radio “ artificiale non poteva essere separato dal Bario per la semplice ragione che era Bario ! “ .

A ulteriore conferma identificano un prodotto del decadimento β di uno degli isotopi artificiali del “Radio “ che risulta essere  il Lantanio . Ricordiamo che  era stato trovato dal gruppo di Parigi ! .  Dimostravano che il parente da cui proveniva  non poteva che essere il Bario  che lo precede nella T.P.  .

Non hanno dubbi sui risultati raggiunti , ma procedono con cautela :

I nostri tentennamenti derivavano principalmente dal fatto che, come chimici, abbiamo esitato ad annunciare una scoperta rivoluzionaria in fisica”.

 Una bella prova sperimentale senza ambiguità

 C’è ancora una bella prova sperimentale definitiva e senza ambiguità che   Hahn e Strassmann forniscono:

 “Allo scopo di essere certi , abbiamo effettuato il così detto “ciclo” del Bario. Il più stabile degli isotopi attivi , ora identificato come Bario , fu liberato dai prodotti attivi del suo decadimento e altre impurità con la ricristallizzazione con Bario inattivo[ndr :carrier] ; un quarto della quantità totale fu conservata per il confronto e tre quarti vennero sottoposti alle seguenti precipitazioni nel ciclo del Bario : 

Ba-chloride > Ba-succinate >  Ba-nitrate Ba-carbonate >  Ba-ferrimannite >  Ba-chloride .  

Dopo aver passato attraverso questa serie di composti , molti dei quali cristallizzati in modo magnifico , l’attività  del cloruro di Bario risultante e la preparazione per il confronto erano misurati alternativamente usando lo stesso contatore, con uguale peso e spessore dello strato . L’iniziale attività e l’incremento , come risultato della ulteriore formazione del Lantanio attivo, erano gli stessi  per entrambi i campioni , entro i limiti dell’errore : la cristallizzazione di così tanti e  differenti sali  non ha prodotto una separazione del Bario attivo dal carrier [ ndr : Bario inattivo ] . Si può solo concludere che il prodotto attivo e il carrier erano chimicamente identici cioè Bario “ .

 Fu un lavoro quasi impossibile

 Il nostro racconto termina qui con la scoperta del primo frammento della fissione nucleare , l’atomo di  Bario .  Ma quanti sono gli isotopi dei vari nuclei che si formavano negli esperimenti di fissione nucleare  che    per tre , quattro ,  anni furono portati avanti prima da Fermi e poi principalmente  dai gruppi di Parigi e di Berlino . Hahn scrive  nella Nobel Lecture,1946:

“ All’inizio del 1945 siamo stati capaci di fare una tabella nella quale erano raccolti , come prodotti diretti e indiretti della fissione nucleare dell’ atomo dell’Uranio , venticinque differenti elementi sotto  forma di circa cento tipi di atomi attivi. Gli atomi attivi , che abbiamo creduto fino al 1939 elementi transuranici , erano tutti prodotti di  fissione o loro  successivi prodotti , e non elementi con numero atomico più alto rispetto all’Uranio ! ” .

L’opinione di Lise Meitner

Lise Meitner , la  fisica che dovette lasciare il gruppo di Berlino nella parte più critica del lavoro . Continuò la collaborazione con Hahn e Strassmann , dando un contributo molto importante .  Ne lei , ne  Strassmann condivisero  il premio Nobel con Hahn . Molti pensano che entrambi avrebbero dovuto ricevere il premio  .  Tuttavia i suoi rapporti con Hahn rimasero sempre improntati a grande amicizia . Riporto l’opinione che espresse , anni dopo la scoperta della fissione , sul lavoro fatto dai due chimici :

 “Otto Hahn e Fritz Strassmann furono in grado di scoprire la fissione nucleare perché usarono una chimica eccezionale , una chimica incredibilmente avanzata , che era molto più avanti di quanto fosse possibile in quel momento . Gli Stati Uniti appresero ad usarla  molto più tardi . Però in quel momento , nel 1938 , Hahn e Strassmann erano gli unici che potevano farlo , perché erano ottimi chimici “

Conclusione

 Fu una impresa quasi impossibile  riuscire , da quel  paniere di atomi differenti  o per numero atomico o per numero di neutroni, con attività diversa per ciascuno , che variava continuamente nel tempo e partendo da ipotesi fuorvianti , a scoprire il fenomeno della fissione nucleare .

Bibliografia

 

  1. The Nuclear Fission Table in the Deutsches Museum: A Special Piece of Science History on the Eve of World War II  , di  Susanne Rehn-Taube
  2. La fisica e il suo divenire. Sull’esperienza storica della conoscenza fisica , di Fritz Krafft
  3. The detours leading to the discovery of nuclear fission, di Kurt Starke J.C.E. 1979 , Dic
  4. The Transuranium Elements ,  Glenn T. J.C.E.  Seaborg J.C.E , 1985
  5. Irena Curie et Paul  Journ. de Phys. et Rad., 1937 , 7 , 385
  6. Irene Curie et Paul Savitch , R., 1938 , 206 , 906
  7. Irene Curie et Paul Savitch , de Phys. et Radium ., 1938 , 9, 355
  8. From the natural transmutations of uranium to its artificial fission , Otto Hahn , Nobel Lecture,

 

4 commenti

giuseppe 25 Marzo 2021 - 15:38

mi sono imbattuto in questo blog cercando in internet informazioni veloci sulla procedura chimica impiegata per sppiegare l’ esperimento della fissione nucleare incuriosito dalla citazione di Lese Mitner. Come chimico ho davvero apprezzato la lettura di questo contributo davvero molto chiaro e accurato. Grazie molte !

Rispondi
Roberto Poeti 25 Marzo 2021 - 18:40

grazie a te per il tuo apprezzamento!

Rispondi
Luigi Cerruti 21 Aprile 2021 - 10:53

Bravo! Hai fatto un bellissimo lavoro. Un sentito grazie!

Rispondi
Roberto Poeti 21 Aprile 2021 - 11:07

Grazie a te ! Avere un commento poitivo da te è una bella gratificazione!

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