Lo Spettroscopio Bunsen-Kirchhoff.
Poco tempo fa, passeggiando tra le file di banchi della fiera antiquaria di Arezzo , che si tiene ogni prima domenica del mese, scorsi, sul tavolo di uno dei tanti banchini , il riflesso dorato, appena percepibile, di uno spettroscopio di Bunsen, quasi sommerso da chincaglierie di ogni genere. Fu lunga e faticosa la trattativa per spuntare un prezzo ragionevole.
È sconcertante come un oggetto, per un chimico fortemente simbolico, si possa trovare abbandonato in mezzo a tante cose “superflue”. Sulla sua superficie è inciso il nome del costruttore e il luogo : “A. Krauss – Hamburg”
Non è riportata la data di fabbricazione. Ma ho scoperto che uno spettroscopio della stessa generazione, del tutto simile, è conservato al Museo di Fisica dell’Università di Roma. Quest’ultimo venne acquistato nel 1887 dal Regio Istituto Fisico di via Panisperna. Si tratta quindi di uno spettroscopio destinato alla ricerca.
Il primo spettroscopio
Il primo Spettroscopio ideato da Bunsen e Kirchhoff risale al 1859-60.
È descritto in un articolo apparso nella rivista Annalen der Physik und der Chemie dal titolo “Chemical Analysis by Observation of Spectra” a firma Gustav Kirchhoff e Robert Bunsen:
La seconda versione dello spettroscopio
Lo spettroscopio rinvenuto alla Fiera Antiquaria è proprio il modello che Bunsen e Kirchhoff hanno ottenuto con i miglioramenti apportati alla prima versione.
Il primo modello di spettroscopio fu modificato da Bunsen e Kirchhoff apportandovi alcuni miglioramenti. Il piccolo telescopio separato dal resto dello spettroscopio, utilizzato per l’orientamento del prisma e la scala graduata, ora costituisce un terzo braccio D fissato nel corpo dello spettroscopio. Reca a un estremo una lente e all’altro una scala di riferimento per le lunghezze d’onda (generalmente incisa su di una lastrina di vetro) che, opportunamente illuminata, va a sovrapporre la propria immagine a quella dello spettro in esame. Il cannocchiale C, contenente l’ottica di osservazione, è provvisto di sistema di ingranaggio (con vite micrometrica) che consente di variare l’angolazione reciproca di collimatore B e cannocchiale per la risoluzione delle diverse righe spettrali. A fianco della fenditura (la cui apertura è regolabile mediante una vite micrometrica), si trova un piccolo prisma, utilizzato per il confronto diretto tra uno spettro di riferimento e lo spettro in studio ( Nello spettroscopio questo elemento è mancante, è visibile nella immagine dello spettroscopio del museo di Pisa) . Ciò si realizzava coprendo con tale prisma metà della fenditura, e facendo incidere su di esso della luce proveniente da una sorgente (un piccolo Bunsen) posta al lato del collimatore A. In tal modo lo spettro prodotto dal prisma aggiuntivo si andava a sovrapporre a quello dovuto al prisma principale, consentendo dunque uno studio simultaneo dei due spettri.
Dopo pochi anni questo strumento si diffonderà nei laboratori di chimica e fisica d’Europa commercializzato dalla azienda di A. Krüss Optronic, una delle più antiche e prestigiose industrie tedesche nel campo degli strumenti ottici, fondata nel 1798 con sede ad Amburgo, tuttora operante.
Lo spettroscopio rinvenuto alla Fiera antiquaria di Arezzo si aggiunge così , come ho riportato tempo fa in un post sempre in questo blog , alla Enciclopedia completa del Prof. Francesco Selmi del 1870 e alla raccolta di lezioni di Chimica generale del Prof. Gioacchino Taddei del 1850 trovati sempre alla fiera antiquaria, quasi dimenticati.