La Chimica degli Zuccheri : il contributo di Heinrich Kiliani (1855 –1945)

Se Fischer ha vinto il premo Nobel per la chimica una parte di merito va alle scoperte di Kiliani

by Roberto Poeti
Le scoperte di Heinrich Kiliani sulla chimica degli zuccheri.

 

Questo primo articolo è dedicato al lavoro compiuto da  Heinrich Kiliani (1855 –1945), un chimico tedesco. Iniziò lo studio della chimica nel 1873 iscrivendosi  alla Technische Hochschule di Monaco di Baviera. Ebbe come insegnante di chimica Emil Erlenmeye che lo apprezzò al punto di farlo suo assistente nel giro di tre anni nel 1877. Nel 1883 divenne professore ordinario presso la Technische Hochschule.  In questi anni ottiene i risultati straordinari sulla chimica  degli zuccheri che saranno raccolti e proseguiti da E. Fischer.Nel 1888 iniziò la sua collaborazione con la Fabbrica Boehringer Sohn. Grazie ai suoi studi sulla Digitalis  e sulla Antiaris toxicaria nel 1897 viene chiamato all’università di Freiburg come direttore del laboratorio chimico della Scuola di Medicina.

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Hermann Emil Fischer (1852 –1919) è stato un chimico tedesco che  nel 1902 ottenne il premio Nobel per la chimica per i grandissimi risultati ottenuti nel campo della chimica degli zuccheri. Fu il secondo premio Nobel assegnato dopo quello ottenuto da Jacobus Henricus van ‘t Hoff nel 1901 che inaugurò la serie dei premi Nobel. Siamo abituati a vedere raffigurato l’albero genealogico dello zucchero D-aldoso (Vedi sotto). E come spesso accade per le cose che ci sono familiari non comprendiamo  la loro complessità. In questo blog cercheremo di ricostruire il cammino che ha portato alla costruzione di questo albero, risalendo ai contributi essenziali  di coloro che precedettero il lavoro di Fischer come Heinrich Kiliani.

 

                                   Gli zuccheri aldosi e chetosi

Il Prof. Mc Bride nella sua bella lezione  Proving the Configuration of Glucose della Open Yale Courses ha definito Heinrich Kiliani ” l’uomo dell’acido cianidrico”. Questo scherzoso appellativo si riferisce in realtà a uno dei mezzi  più importanti utilizzati da Kiliani nella delucidazione della struttura degli zuccheri. Nel suo importante articolo Ueber das Cyanhydrin der Lavuloee apparso nella  rivista Berichte der Deutschen Chemischen Gesellschaft del 1885 egli presenta il problema che risolverà :

Mentre nell’ossidazione del destrosio da parte dell’acido nitrico diluito o degli alogeni, si formano molto facilmente e in grandi quantità composti, la cui molecola contiene ancora 6 atomi di carbonio concatenati insieme, il levulosio produce nelle stesse condizioni corpi con un contenuto di carbonio inferiore (acido glicolico e acido tartarico inattivo). L’ossidazione, quindi, provoca in questo caso una scissione della molecola, un fatto che indica che il levulosio è un chetone. Inoltre, se prendiamo in considerazione il fatto che il levulosio viene convertito in mannitolo dall’idrogeno nascente, cioè contiene una catena di carbonio normale, [ non ramificata] arriviamo alla conclusione che le seguenti due formule costituzionali devono essere attribuite al levulosio:

C’era ora da sperare che la correttezza dell’una o dell’altra formula possa essere dimostrata con certezza se fosse possibile legare l’acido cianidrico al radicale chetonico del levulosio e convertire la cianidrina formata nel corrispondente acido carbossilico. Ciò è dovuto al fatto che l’acido carbossilico risultante dal composto I, con la riduzione effettuata in modo completo dall’acido iodidrico concentrato, dovrebbe produrre acido metilbutilacetico, mentre l’acido carbossilico formato dal composto II dovrebbe formare acido etilpropilacetico nelle stesse condizioni. Dei due acidi eptilici, la cui estrazione e identificazione è quindi lo scopo ultimo di questa indagine, il primo, l’acido metilbutilacetico, è stato ampiamente esaminato e descritto da Hecht, mentre il secondo, l’acido etilpropilacetico finora sconosciuto, può essere prodotto senza difficoltà per mezzo della sintesi dell’estere acetacetico.

 

Da questi punti di vista, ho studiato l’effetto dell’acido cianidrico sul levulosio. Nelle schede che seguono riporto i risultati finora ottenuti, osservo allo stesso tempo che ho già cominciato a studiare la relazione tra destrosio e galattosio e acido cianidrico, e che almeno per il primo tipo di zucchero la formazione di una cianodrina è stata stabilita con certezza.

Scriverà nel suo fondamentale articolo Sintesi nel gruppo degli zuccheri del 1890  Emil Fischer a proposito del lavoro svolto da Kiliani:

Questo metodo, ideato da Kiliani, lo considero il più grande progresso nello studio del gruppo degli zuccheri nel corso di diversi decenni. Con il suo aiuto è stata confermata la vecchia formula per il glucosio e la formula chetonica sopra indicata per il levulosio è stata messa al di là di ogni ambiguità. Allo stesso modo Heinrich Kiliani trovò che la struttura dell’arabinosio era

L’aggiunta di acido cianidrico permette di compiere il primo passo con successo verso la sintesi di composti più ricchi di   carbonio a partire dagli zuccheri naturali.

Una dei problemi principali che si incontrava nel lavorare  sugli  zuccheri era la difficolta di ottenerli allo stato cristallino, cioè puri. Kiliani nella sua autobiografia del 1923 quando elenca i risultati raggiunti nella sua attività sperimentale svolta durante lo svolgimento della  tesi di dottorato cita al primo punto la preparazione e la purificazione dell’inulina1 mediante il processo di congelamento. Dall’inulina ricavava poi il levulosio o fruttosio.

1 L’inulina è il polimero del β-D-fruttosio. L’inulina è presente soprattutto nei tuberi di topinambur, nella cicoria e nelle radici di scorzonera. Non è digeribile dall’uomo.

Preparazione della levulosio cianidrina

L’articolo segue con la descrizione particolareggiata del procedimento  per la  preparazione della cianidrina pura del levulosio, facendo reagire acido cianidrico e levulosio, ottenuto dalla inulina. Determina il punto di fusione del prodotto che rappresentava la misura più importante per caratterizzare una sostanza. Riporta i dati dell’analisi effettuata sulla Levulosio cianidrina,  confrontandoli con i valori teorici riferiti ad una formula supposta nota della levulosio cianidrina.

Conversione della cianidrina nel corrispondente acido carbossilico e riduzione di quest’ultimo

Kiliani , una volta prodotta la levulosio cianidrina,  procede alla trasformazione di questa nel corrispondente acido. Il procedimento che descrive è molto complesso. Il risultato finale è un prodotto che corrisponde all’analisi ad un eptolattone e che , specifica, non si solidifica in una miscela fredda.

Segue un procedimento analitico altrettanto complesso per ottenere acido eptilico attraverso la riduzione con acido iodidrico e fosforo rosso. Determina la temperatura di ebollizione e annota che non solidifica in una miscela fredda. La conclusione è che  il prodotto ottenuto non può essere acido eptilico normale, e che si conferma ancora che il levulosio non può essere una aldeide. Ricordiamo che l’ipotesi da cui è partito era proprio quella di non ottenere acido eptilico normale ma l’acido metilbutilacetico o l’etilpropilacetico, a seconda della posizione del gruppo carbonile. Dopo un lungo e problematico  lavoro che è contenuto in altri due articoli ( nel primo dei quali, il continuo di quello che abbiamo sommariamente riportato, vi descrive la sintesi e la caratterizzazione dell’acido metil-n-butilacetico, mentre nel secondo vi descrive la sintesi e la caratterizzazione dell’acido etil-n-propil acetico) Kiliani risolve la posizione del  gruppo carbonile. Per ottenere i due isomeri dell’acido eptilico Kiliani ricorre alla  sintesi acetoacetica. La sintesi acetoacetica  genera un composto carbonilico, ma le condizioni in cui operava Kiliani era fortemente basiche e in questo ambiente si forma un acido. Così prepara i due acidi eptilici. Per caratterizzarli  ricava i loro sali di calcio e stronzio e li confronta con quelli ottenuti dall’acido ottenuto dalla levulosio cianidrina e uno dei due fornisce la soluzione:

I sali di calcio e di stronzio di questo acido si comportano esattamente come i corrispondenti sali dell’acido eptilico dell’acido levulosocarbossilico2…. Pertanto l’acido eptilico ottenuto riducendo l’acido levulosocarbossilico è senza dubbio identico all’acido metil-n-butilacetico preparato dall’estere acetoacetico… Ma il levuloso deve in definitiva avere la formula costituzionale:

2 Ricordiamo che l’acido levulosocarbossilico è l’acido che, come abbiamo visto,  ha ottenuto formando prima la cianidrina del levulosio e poi trasformandola con idrolisi acida in acido levuloso carbossilico.

La ricerca continua

In conclusione il testimone della soluzione del grande enigma della struttura  degli zuccheri passerà dalla mano di Heinrich Kiliani a quella di Emil Fischer. Ma Kiliani ha fornito a Fischer degli strumenti formidabili che questi saprà sfruttare in modo geniale.

 

 

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